Ad oggi sempre più spesso si sente parlare di “fattori ereditari”. Colore dei capelli, degli occhi, malattie genetiche, tare mentali e compagnia bella.
Non si sente mai parlare di insicurezza ereditaria, o meglio: ereditata! Eh già! Eppure a volte capita di vedere bambini che hanno paura di tante cose: fare un tuffo in piscina, accarezzare un cane, prendere in mano un insetto, lanciarsi sul materassone in palestra da un punto più alto; oppure ragazzi che non sanno gestire una telefonata con l’assicuratore per la macchina, non sanno andare in posta a pagare una bolletta, non sanno cucinarsi da soli un piatto di pasta … se la mamma non accorre in loro soccorso e subito.
Genitori che per anni sono saliti sul loro cavallo bianco dal nome curioso, Ansia, brandendo anzichè una spada affilata una campana di vetro, e hanno combattuto contro i microbi, i germi, le sbucciature alle ginocchia, lo sporco dei vestiti, l’indipendenza dei bambini, le corse in velocità, il bere l’acqua troppo in fretta, il giocare fino ad essere sudati fradici, lo spiffero d’aria che entra dalla finestra, il bagno al mare prima delle 3 ore e tantissimi altri mostri dell’era moderna… per salvare l’erede al trono dell’ Insicurezza.
E finalmente, dopo anni di dure battaglie, la principessa Fifetta, è stata portata in salvo al castello fatato di un paese lontano lontano chiamato Sfiducia in sé stessi, dove incontrerà il principe Ti aiuto io e vivranno insieme con la paura di non farcela da soli.
Può sembrare una storia vecchia, di altri tempi, invece è più attuale che mai. A volte l’eccessivo amore e accudimento dei genitori genera nei figli una sfiducia nelle proprie capacità: “La mamma sa farlo molto meglio di me, io non sono capace” “Se non c’è mamma o papà come faccio a risolvere questa cosa?” “Oddio, sono da solo… ho paura!”.
Una difficoltà a sperimentare, a credere di poterci riuscire anche da soli, a pensare di poter fare meglio dei propri genitori; una paura ereditata dall’ansia del genitore stesso. Il figlio, con tanto sacrificio, preservato dalle difficoltà della vita, dai pericoli, dalla fatica, dalle delusioni, in realtà ne esce profondamente ferito. Una ferita che non si vede, per la quale non c’è il segno di una cicatrice, ma una ferita ben più difficile da curare: una ferita nel proprio Io, nella propria autostima.