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Il bilinguismo: cose che pensavo di sapere e invece forse no

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Le lingue straniere sono sempre state il mio tallone d’Achille, pur avendo capacità e orecchio per la comprensione sono stata sempre pigrissima nell’espressione orale. Piuttosto che far la fatica facevo parlare sempre gli altri. 

Come un Contrappasso ad un certo punto della mia vita mi son trovata a dover sostenere un colloquio in lingua inglese per un lavoro che volevo fortissimamente. Non so come io abbia ottenuto la posizione, ma da quel momento ho iniziato a svolgere buona parte del mio lavoro in questa lingua: una fatica immane, da principio. 

Riconsiderare il concetto di bilinguismo

Pensando a mia figlia la sola riflessione che mi viene da fare è che vorrei risparmiarle i miei turbamenti e fare in modo che il suo avvicinamento ad una lingua straniera sia più naturale possibile.

Mica facile, direte voi, infatti facile non è, ma chiacchierando del progetto Tongy con Laura, una delle menti di questa iniziativa, alcune cose mi si sono chiarite. Crescere un bambino bilingue, infatti, è possibile anche se nemmeno uno dei genitori è madrelingua. Questa in effetti è stata un po’ una sorpresa, ma se ci pensate in effetti forse è sufficiente che papà o mamma la conosca un minimo per fare in modo che l’inglese entri nella vita del bambino non solo relegato ad un momento di studio faticoso, ma abbinata al gioco o a momenti della vita quotidiana.

Ma in fondo se ci rifletto…

Penso a quando mia figlia si è appassionata ad una canzone delle Spice Girls (momento trash anni ’90) e a quanto piano piano è riuscita, sentendola cantare anche da me, a separare e distinguere le parole, pronunciandole in maniera discretamente corretta. O anche alla frase ‘Free as a bird’ che durante il Lockdown abbiamo utilizzato per identificare i momenti in cui Alice era libera di fare un po’ quel che voleva: quella frase è diventata così parte di quella strana quotidianità che son sicura mia figlia non la dimenticherà.

Entrambi questi esempi, a ben pensare, si basano un po’ sul principio che muove e muoverà la community di Tongy: fare in modo che il genitore diventi mediatore tra il bimbo e l’inglese, e proporre attività e routine che coinvolgano bimbi e adulti. Che ne pensate? Questo metodo convince anche voi?

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