Sono seduta in una poltroncina del teatro Nazionale di Milano, la platea è gremita di studenti venuti qui ad ascoltare, dalla voce della protagonista, i racconti di un’infanzia per noi … inimmaginabile. La Signora che con voce calma e calda ci parla dal palco è Sultana Razon: ebrea sopravvissuta alla Shoa. I ricordi ci portano a tempi lontani, a dettagli raccapriccianti, ad una sofferenza parzialmente dimenticata e tuttavia impressa nella pelle; e poi ad una nuova rinascita. Si! proprio rinascita; perché Sultana, una volta tornata in Italia ha proseguito la propria vita, si è laureata in medicina, ha dedicato tempo e cure ai bambini malati, ha costruito una famiglia. Questa è resilienza.
Definizione del termine
Con il termine resilienza, si indica appunto l’abilità, di un singolo individuo o di un gruppo, di fronteggiare eventi traumatici e di riorganizzare la propria vita in modo positivo.
Questa capacità, come detto sopra, può appartenere al singolo individuo oppure ad una collettività di persone: nel caso della Signora Razon, come chiaramente appare, siamo dinnanzi ad un esempio di resilienza individuale. Per comprendere meglio cosa si intende invece con resilienza collettiva, citerò l’esempio della città di Firenze e dei suoi cittadini, che nonostante le numerose ed intense alluvioni di quest’ultimo millennio, è stata in grado di risollevarsi e ricostruirsi, manifestando di essere in grado di perpetrare il proprio splendore artistico, culturale ed economico.
Cosa favorisce lo sviluppo della resilienza?
Essa è una capacità che può essere appresa, modificata, incrementata, durante tutto il proprio percorso di vita, non bisogna immaginarla come un’entità innata o immodificabile. Il suo sviluppo, come illustra Michel Delage, può essere favorito dal possesso di alcuni concetti chiave; egli, nello specifico ha identificato sette gruppi di elementi che ne favorirebbero la formazione, e che sono: la speranza di poter uscire da una situazione, la possibilità di controllo sull’evento, il mantenimento di una buona funzionalità personale, la possibilità di trovare protezione o sicurezza, la capacità di rappresentarsi il futuro, la possibilità di affidarsi all’altro in modo reciproco, l’esistenza di un buon ambiente sociale di sostegno.
Cosa potrebbe accadere ad un individuo che non ha sviluppato resilienza?
L’incapacità di superare un evento traumatico può far insorgere, nella persona che lo ha vissuto, un disagio di differente entità. Nei casi più gravi, si può giungere alla genesi di un disturbo post traumatico da stress, una depressione, ansia generalizzata, o addirittura depersonalizzazione.
E’ possibile favorire lo sviluppo della resilienza nei bambini?
Sì è possibile! Ovviamente, essendo la resilienza una competenza personale, è facile comprendere come ogni individuo possegga la sua “particolare ed unica ricetta segreta” derivante da elementi specifici quali la cultura di appartenenza, il contesto sociale, lo sviluppo cognitivo, affettivo ed emotivo. Esistono tuttavia, alcuni elementi, che un genitore potrebbe sollecitare, per educare il proprio figlio alla resilienza. Vediamoli nel dettaglio:
- favorire nel bambino lo sviluppo di competenze personali: per esempio sollecitandolo a risolvere un problema specifico utilizzando le proprie risorse e il proprio modo di pensare, senza fornire una soluzione preconfezionata.
- incentivare la fiducia in se stesso: facendo sì che il piccolo creda nelle proprie abilità, per esempio aiutandolo a visualizzare i risultati ottenuti e trovare soluzioni alternative al buon esito di una situazione.
- promuovere la resistenza a piccole frustrazioni: per il bambino è come un vaccino. Lo aiuta ad affrontare problemi sempre più grandi contando sulle proprie risorse ed abilità. Aver imparato ad utilizzare strategie diverse per affrontare una situazione è come avere una scatola piena di attrezzi con i quali reagire agli accadimenti della vita.
- rafforzare e sviluppare legami familiari ed extra familiari per favorire il senso di sicurezza del bambino in modo tale che egli non debba agire comportamenti aggressivi o distruttivi per ottenere l’attenzione altrui.
- costruire un proprio sistema di valori: attraverso un dialogo che incentivi la discriminazione tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, promuova l’attenzione per le conseguenze fisiche ed emotive che un proprio gesto ha sia su se stessi che sugli altri.
- aumentare la consapevolezza di poter attivamente agire sulle situazioni: aiutare il bambino a comprendere che, sebbene, esistano situazioni imprevedibili che non lasciano scelta, di molte altre invece lui ne è direttamente responsabile, e su queste può agire affinchè prendano la svolta desiderata.
La vita pone sul nostro cammino numerosi ostacoli … a noi imparare a saltare o sederci ad aspettare.
Buona resilienza!
Esempi di “straordinaria” resilienza: