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PMI al femminile

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PMI al femminile

L’Italia, si sa, è un paese di piccole e medie imprese. Di queste PMI (piccole e medie imprese), che rappresentano la maggior parte delle aziende italiane,  le statistiche ci segnalano che l’80% è una azienda famigliare.

Fino a qualche decennio fa le PMI erano considerate una debolezza dell’economia italiana, poiché il nostro era un sistema non allineato con quello anglosassone e quindi non gestito da veri e propri manager ma da tantissimi piccoli imprenditori. Quindi si pensava che questo sistema aziendale non avrebbe retto alle nuove trasformazioni dei mercati, alla globalizzazione e l’internazionalizzazione emergenti. Ora invece si è finalmente capito che queste piccole e piccolissime aziende sono la ricchezza del Bel Paese e sono lo zoccolo saldo della nostra economia. Saldo anche perché avendo queste caratteristiche dimensionali le imprese sono più prudenti negli investimenti e  maggiormente attente alla visione di lungo periodo per quello che concerne investimenti e risorse.

In questo quadro economico, la maggior parte di queste aziende, che riescono a perpetuarsi nel tempo e a rinnovarsi seguendo i mercati, si trovano ad affrontare la problematica del cosiddetto “passaggio generazionale”: l’impresa è stata creata dall’idea di un imprenditore che la “consegna” ai figli, o addirittura anche in terza battuta ai nipoti. È un passaggio cruciale, poiché dal punto di vista organizzativo non si può pensare che cambiando il “capo”, i valori e le scelte rimangano le stesse.

Le seconde o le terze generazioni daranno inevitabilmente nuovo stampo e nuove idee all’azienda famigliare, e questo passaggio è quindi un momento cruciale che va pianificato per tempo e valorizzato, investendo sulla formazione delle successive generazioni e su competenze “nuove”.

Secondo recenti studi il passaggio generazionale che funziona meglio pare essere quello padre-figlia poiché pare esserci meno competizione tra i due “imprenditori” e più passione nel proprio lavoro da parte delle figlie femmine rispetto ai figli maschi.

Purtroppo le aziende famigliari gestite da donne tuttavia sono solo il 20% del totale delle PMI, e nel caso del passaggio generazionale spesso poiché le figlie non hanno fratelli o perché questi hanno interessi diversi. Eppure le ultime statistiche (fonte Unioncamere) ci dicono le donne al comando dell’impresa famigliare riescono a gestire meglio le persone, sono attente alla formazione e riescono meglio a trasmettere i valori. Hanno quindi competenze e capacità preziose che in futuro andranno a diventare sempre più cruciali nel tessuto economico.

Secondo voi perché questa disparità? Abbiamo già accennato al fatto che molte donne per meglio conciliare si mettono in proprio, come mai le imprese femminili rimangono tuttavia ancora poche rispetto a quelle maschili?

Si parla molto oggi del tema della par condicio, cosa ne pensate relativamente alle PMI italiane?

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