Educazione e sviluppo cognitivo, FAMIGLIA

Lo sport come educazione

bambino-sport-educazione

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La parola sport spesso evoca immagini di gare, competizione, rivalità. Ma oggi non vogliamo parlare di questo, o per lo meno non vogliamo che sia l’argomento centrale della nostra discussione quotidiana. Oggi vogliamo parlare di sport come educazione del bambino (e spesso del genitore).

Io sono una pessima sportiva. Mi annoio facilmente e da sempre sono irrimediabilmente scoordinata. Per questo ho sperimentato varie discipline ma non ho mai eccelso in nessuna.

Una cosa però lo sport mi ha lasciato, grazie alla fortuna di incontrare ottimi allenatori: l’educazione al lavoro duro (anche se poi si è concretizzato in altri ambiti), al lavoro di squadra, al senso di responsabilità, all’impegno, al voler ottenere un risultato dandosi da fare per riuscirci.

Quando ero bambina io, le strade erano quasi sempre tracciate: fino alla terza elementare nuoto per tutti e poi i maschi a calcio e le femmine a pallavolo.

Oggi siamo molto più fortunati e le scelte sono ben diverse e più variegate.

Intanto è comune vedere bambine che fanno calcio e maschi che giocano a pallavolo.

Ma soprattutto l’offerta sportiva si è arricchita: basket, equitazione, pattinaggio, ginnastica artistica, ballo (dall’hip hop alla classica), arti marziali, rugby. Le possibilità per trovare la propria strada sono davvero tantissime.

Lo sport fa crescere, ma solo se riusciamo a sfrondarlo dall’arrivismo e da quella voglia di vincere da soli con il proprio Ego formato famiglia che si staglia solo al centro del campo alzando una coppa.

Questo dovremmo insegnare ai nostri ragazzi: a lavorare duro, a impegnarsi per vincere, ma a farlo lealmente, con i compagni se giochiamo in squadra, con rispetto degli avversari sempre.

In questo credo che il rugby sia un esempio eccezionale di cosa lo sport dovrebbe essere a tutti i livelli.

Il rugby è uno sport duro, a tratti anche parecchio rude (insomma…io in una mischia preferisco non trovarmici!), ma talmente corretto che dopo i primi due tempi c’è il “terzo tempo”: quando si mangia tutti insieme, vincitori e sconfitti.

Ma trovo anche profondamente educativa la ginnastica artistica, sport prettamente individuale, dove il controllo del corpo si sposa con la creatività di una coreografia o di una nuova figura agli attrezzi. Grazie e potenza, eleganza e forza. E sfida con sé stessi portando l’asticella sempre un passo più in là.

L’unica cosa dello sport, di qualunque sport che non mi piace, è la costrizione, il voler obbligare i figli a fare un certo sport, con determinati risultati e un determinato atteggiamento da mini-campioni in erba.

Il che non significa non aiutarli a superare piccoli momenti di “stanca” dietro a cui però si sa che si nasconde ancora tanta passione. Questo fa parte del nostro ruolo di genitori come quando alle superiori vorrebbero mollare tutto dopo un 4 in una materia (una a caso? autobiografia pura? latino)  e noi un po’ con le buone un po’ con severità insistiamo nel far vedere loro quanto amano le loro scelte.

Ma anche questo è educazione no?

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