Educazione e sviluppo cognitivo, FAMIGLIA

E se il bullo è nostro figlio?

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bullo-nostro-figlioSe c’è una cosa di cui sono sempre stata convinta è che i nostri figli non sempre sono angioletti fatti e finiti e che in una lite fra bambini ci sono spesso “colpe” da entrambe le parti. Ma se parliamo di bullismo c’è qualcosa che nessun genitore riesce a immaginare, una domanda che nessuno di noi vuole porsi: e se il bullo è nostro figlio?

Come mamma mi sono posta la questione mille volte e credo di aver usato gran parte del mio fiato per insegnare a Ida che i deboli si difendono, che tutti hanno una dignità, che nessuno ha il diritto di fare del male fisico o “di cuore” a un’altra persona…nemmeno lei.

Ma cosa fare se sospettiamo che nostro figlio sia il bullo che crea tanti problemi a scuola o nel gruppo di amici?

Per prima cosa dobbiamo capire che un bambino non nasce bullo perché la violenza è comunque una condizione innaturale per lui o lei (sì, anche le bambine possono essere “carnefici” e non solo vittime). Quindi questa comportamento attesta comunque un disagio, ad esempio un senso di insicurezza profonda o una violenza fisica o psicologica che ha subito a sua volta da altri.

Alcuni buoni consigli ci vengono dalla guida di Google contro il cyberbullismo e che sono facilmente applicabile anche a contesti che escono dalla rete:

  • sediamoci accanto a nostro figlio e facciamo un controllo a sorpresa dei suoi account online e della sua attività telefonica. È fondamentale spiegare che non stiamo tentando di ficcare il naso in tutte le sue conversazioni, ma che vogliamo solo verificare che abbia rafforzato il suo senso di responsabilità sociale nell’uso corretto della rete
  • basterà verificare rapidamente gli SMS inviati e ricevuti, foto scattate, memorizzate o pubblicate, i suoi account nei social network, per sciogliere gli ultimi dubbi (consideriamo però sempre la possibilità di account falsi o del fatto che usi un pc non a nostra disposizione per queste azioni)
  • installiamo degli strumenti software per la sicurezza familiare (i filtri famiglia).

E se i nostri sospetti saranno confermati chiediamo aiuto. Non facciamo paralizzare dalla vergogna e dalla rabbia. Sono sentimenti naturali ma vanno accantonati per il bene di nostri figlio che è anche lui una vittima. Vittima di sé stesso e della propria rabbia.

Chiediamo aiuto alla scuola sia nella figura degli insegnanti che del pedagogista scolastico, chiediamo aiuto a eventuali allenatori, educatori parrocchiali e ogni altro educatore che contribuisca alla crescita di nostro figlio.

Chiediamo aiuto.

La rete di sostegno alla famiglia che una volta conteneva e gestiva questi problemi non è morta ma è cambiata: non più zii, cugini di età più elevata, nonni e bisnonni, ma una rete sociale fatta da soggetti non legati a noi da parentela ma dal ruolo di guida dei più giovani.

Usiamo questa rete, affidiamoci a essa e ad essa diamo disponibilità quando (se) altri ci chiederanno sostegno.

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